Messina, si scava nel fango, decine di dispersi
Il bilancio provvisorio è di 22 morti
MESSINA
Continua inarrestabile la ricerca dei dispersi sotto le macerie delle frazioni alluvionate del messinese e di Scaletta Zanclea. L’ultimo bilancio parla di 22 morti, almeno 40 dispersi e circa 500 sfollati, 470 dei quali accolti in alberghi del messinese e 30 ospitati da amici e parenti.
L’ultimo corpo era stato individuato ieri sera ed estratto dal fango alcune ore dopo: è quello di un ragazzo, probabilmente uno dei due fratelli di 21 e 23 anni rimasti sepolti sotto le macerie della loro casa di via Puntali, nel centro della frazione alluvionata. La madre dei due fratelli, vedova da tempo, è sopravvissuta al disastro e ha seguito le operazioni. Le operazioni sono state complicate dalla pioggia. In mattinata il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha sorvolato le zone del disastro in elicottero e poi ha visitato gli sfollati accolti negli alberghi Le Dune e Capo Peloro, in un quartiere nord di Messina.
Intanto cresce la protesta degli sfollati. «La colpa è di chi non ha fatto i lavori prima e si muove solo adesso che ci sono i morti» dice Emilio Guadagni, 71 anni, dal villaggio turistico Le Dune, in zona Mortelle, struttura che era chiusa da tempo e che è stata riaperta d’urgenza per ospitare chi è rimasto senza casa. «Lo sapevano già due anni fa quando era successa una cosa simile. La collina l’hanno soltanto incatenata, ma appena è caduta la pioggia si è portata via le nostre case». Per ora, molti cittadini che sono stati evacuati dalle frazioni più colpite si stanno rifocillando e stanno ricevendo i vestiti arrivati grazie alle associazioni di volontariato, ma ci sono problemi di taglie. Qualcuno lamenta l’insufficienza dei capi di abbigliamento. Altri dicono di essere senza documenti e «basterebbe che autorizzassero una persona per famiglia ad andare a prenderli nelle case», dicono. Ci sono anche problemi di comunicazione: «Non abbiamo i carica batterie e i nostri cellulari sono spenti. Non possiamo comunicare ai nostri parenti che noi stiamo bene», affermano.
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